Note biografiche

Roberto Demarchi (15 marzo 1951) è nato a Torino, dove ha compiuto studi classici e di architettura. Il suo percorso artistico, iniziato assai precocemente sotto la guida di Riccardo Chicco, ha consapevolmente scelto rari momenti di pubblica visibilità a partire dalla sua prima mostra nel 1969 presso la Galleria Cassiopea di Torino con presentazione di Angelo Dragone.

Dal marzo 2001 ha iniziato il ciclo "Perì Physeos", del quale nel 2003 l'editore Crocetti ha pubblicato una importante monografia realizzata sotto il patrocinio della Presidenza del Consiglio Comunale di Roma presentata in Campidoglio a Roma e a Palazzo Bricherasio a Torino, che raccoglie le testimonianze di alcuni dei più autorevoli letterati, poeti e filosofi italiani ed europei contemporanei.

Da allora la ricerca del pittore, oltre ad approfondire la riflessione sul pensiero presocratico che aveva generato il ciclo Perì Physeos, si è orientata anche sull'interpretazione e rappresentazione di tematiche sacre tratte dall'Antico e dal Nuovo Testamento. Di questa ricerca fa parte il ciclo della Genesi presentato a Torino il 13 novembre 2007, nella sede dell'Archivio di Stato, da Antonio Paolucci, che è il curatore anche della mostra dal titolo "Genesi del Mondo e Genesi dell'Arte", allestita in Santa Maria del Popolo a Roma dal 4 dicembre 2008 al 6 gennaio 2009, nella quale, come scrive lo stesso prof. Paolucci, si propone accanto alla "...vasta sinfonia pittorica che parla di Dio creatore dell'Universo, [...] l'antologia gloriosa dell'Uomo".

 Nell'aprile del 2011 a Milano lo storico e critico dell’arte Claudio Strinati ha presentato il trittico "La Passione secondo Matteo", riflessione in astrazione sull'omonima opera di J.S. Bach e, nel settembre dello stesso anno, viene proposto il ciclo "Storia di un quadrato giallo": cinque granditavole sul percorso esistenziale dell'uomo.


 

Roberto Demarchi
Roberto Demarchi

Dipingere le idee

 

Roberto Demarchi è, insieme, studioso e pittore. Le sue creazioni nascono dall’incontro tra la sua cultura classica – è stato docente di storia dell’arte – con l’abilità pittorica di un artista che vanta ormai più di quarant’anni di esperienza. Per Demarchi all’inizio dell’atto creativo c’è il buio. Ma non è il buio del nichilismo: è il buio che precede l’origine. E’ il momento dell’oblio dello studio “accademico”: della filosofia, della Bibbia,delle arti… Solo dalla dimenticanza può nascere la creatività: se ricordasse, l’opera non potrebbe essere rinnovata e pura. E’ l’istante in cui il suo io pittorico dialoga – forse inconsciamente – con gli archetipi culturali. E in questo istante ideale nasce la pittura di Demarchi: un’idea di luce che emerge dal buio, si carica di forza cromatica ed illumina chi osserva. L’idea pittorica si esprime in forma geometrica e si manifesta attraverso un’armoniosa proporzione aritmetica. Un equilibrio che innerva tutta la sua opera. Dalla tavola lignea su cui dipinge –sagomata al millimetro dal falegname di fiducia – ai quadrati e rettangoli che costituiscono il suo linguaggio artistico: forme bidimensionali capaci di raccontare l’“idea”. L’ossessiva ricerca della proporzione, però, non va a detrimento della creatività: le forme sono rese vive e dinamiche dai colori, dalle sfumature e da una continua sperimentazione di materiali e tecniche pittoriche, che danno un effetto ora bi- ora tri-dimensionale. L’uomo Demarchi mira a costruire la perfezione assoluta, ma poi deve rendersi conto che c’è una parte dell’opera che “si fa”da se stessa: le diverse reazioni dei materiali all’asciugatura, gli effetti inattesi della pasta dei colori, i giochi della luce… E’ l’Arte – o, forse, qualcosa di divino – che prende il sopravvento sull’uomo-pittore. Egli, nella sua sapiente umiltà, vi si sottomette e – proprio così – l’opera raggiunge la sua pienezza. La tecnica pittorica di Demarchi – dalla progettazione laboriosa e complessa e dalla realizzazione insospettabilmente rapida – tradisce la sua origine di architetto. La tavola è messa in orizzontale, come un tecnigrafo. Prima traccia il disegno. Poi lavora con i colori. Poi con gli altri materiali che daranno l’effetto “rilievo” e, infine, stende il nero. Se, come abbiamo visto, la successione ideale di Demarchi è un passaggio dal buio alla luce, quella esecutiva è, invece, opposta: dalla luce al buio. Ormai nella sua mente l’idea ha già iniziato a dipingersi. E’ possibile provare a riassumere la pittura astratta di Demarchi – ha ormai all’attivo quasi tremila opere, di cui la maggior parte di grandi dimensioni – nel concetto di narrazioni astratte: dal buio appaiono immagini geometriche che suscitano nello spettatore un profondo senso di armonia – e, quindi, di bellezza – e che, insieme, sono capaci di una narrazione dialogica dell’“idea”. La proporzione geometrica consente al “pittore Demarchi” di raccontare artisticamente ciò con cui lo “studioso Demarchi” si è confrontato intellettualmente: la filosofia, il sacro e l’arte. Egli ha dialogato con i filosofi presocratici – interrogandosi sul tema dell’archè, dell’origine – ha meditato a lungo sulle pagine della Bibbia – vecchio e nuovo testamento – e si è tuffato nelle bellezze della letteratura – i tragici greci, Dante… –, della musica e della storia dell’arte. Da questi incontri sono scaturite le serie di tavole più conosciute: i Sette giorni della creazione nella Genesi, i Filosofi presocratici, il ciclo Perì Physeos, le tragedie di Eschilo, la Passione secondo Matteo di Bach, le rivisitazioni astratte dei grandi capolavori della storia dell’arte. Roberto Demarchi è riuscito a dipingere le idee.